30DFC – Giorno 28

Una delle tue amicizie preferite sul grande schermo: Bob e Charlotte in Lost in Translation

Uno dei miei film preferiti, con una coppia di protagonisti semplicemente perfetta.

Se a qualcuno interessa, si contendevano il podio con Ripley e Jones in Alien. Posto entrambe le coppie per accontentare tutti.

Lost In Translation scena

ripley-e-jones

 

Bling Ring

Bling Ring2013 – Regia: Sofia Coppola – Con: Katie Chang, Israel Broussard, Emma Watson, Claire Julien, Taissa Farmiga, Georgia Rock, Leslie Mann

Per questa recensione adotterò uno stile che, a mio avviso, si addice molto al film in esame: pensieri sparsi e non troppo approfonditi, una sorta di flusso di coscienza puntellato solo qui e là.

“Ah, la tipica apertura fredda e distaccata.”
“Il brano per i titoli di testa è davvero azzeccato, mi resterà in mente per tutto il film.”
“Emma Watson è in una famiglia di dementi, mi sa che si ride.”
“La fotografia luminosa ci sta.”
“Certo che potrebbero approfondire un po’ i rapporti fra i protagonisti. Forse però questo approccio è scelto appositamente per rimarcare la superficialità di quel mondo.”
“I proprietari delle ville sono dei dementi, e i responsabili della sicurezza ancor di più.”
“In effetti una delle vittime dei furti è Paris Hilton, non è che si possa pretendere troppo.”
“Sofia, perché imbastisci delle sequenze interessanti e poi non le completi mai?”
“Quel campo lungo sulla villa derubata è magistrale, magari ci fosse una simile cura anche nel resto del film.”
“Emma Watson si sta liberando dal ruolo di Hermione con una certa facilità. Immagino che non indossare più quella divisa aiuti in una certa misura.”
“Sofia, approfondisci!”
“Sofia, smettila di fare le bolle di sapone!”
“Mi piace la fredda ironia con cui viene mostrato lo squallore morale di quei lussuosi sobborghi. Se solo quelle scene durassero di più…”
“Cosa? Già finito?”
“Il film ha gli stessi difetti dei suoi protagonisti.”
“Sofia, ti imploro: torna sulla strada che ti ha portata a realizzare Lost in Translation. Ti prego ti prego ti prego.”
“Comunque apprezzo il tuo svincolarti dalla figura paterna.”

“Ha parlato con i derubati?”
“Ho parlato con tutti i derubati.”
“Davvero? E Lindsay Lohan che ha detto?”

Qui ho riso, lo ammetto.

Voto: ★★

Se per caso cadesse il mondo… io rispondo a Sight & Sound

Dunque, a quanto pare oggi (o domani, o ieri, o quando accidenti dovrebbe essere) ci sarà la fine del mondo. O, meglio, il calendario maya si ritroverà a corto di donnine nude. Se ci aggiungete che il 2012 è stato terribilmente sconfortante sotto vari punti di vista, non ultimo quello letterario con l’uscita dell’ennesimo libro di Forattini e della trilogia di Cinquanta sfumature, chi potrebbe mai essere felice in questo momento?

Lana Del Rey meme

D’accordo, qualcuno ci riesce. Comunque, nell’eventualità che Mulder e Scully non fossero in grado di salvarci da qualunque cosa ci riservi questo infausto giorno, ho deciso di compiere un’azione che caratterizza un critico vero e proprio: contribuire alla Top 10 di Sight & Sound. Ovvero, compilare una lista assolutamente non esaustiva di dieci film per riassumere la propria visione del cinema e concedere uno spazio pubblico alla propria vanità intellettuale.

Per chi non lo sapesse, Sight & Sound è una rivista cinematografica pubblicata dal British Film Institute. Sin dal 1952, ogni dieci anni chiede a migliaia di critici e registi di fornire ciascuno un elenco di dieci film per creare una classifica dei “migliori” film di sempre. Ciò di cui tutti sono consapevoli è che questa lista è tutto fuorché ufficiale: le motivazioni dietro le diverse scelte cambiano da lista a lista (a volte anche da film a film all’interno della medesima lista), solo pochi film sono ormai tutelati dalla legge dei grandi numeri e molti contributori puntano più a promuovere la visione dei film che propongono invece di impelagarsi in dissertazioni accademiche sul perché scegliere Rapacità e non La grande illusione.

All’inizio di agosto è stata finalmente pubblicata la classifica stilata dai critici.

Dopo aver scorso l’elenco dei film presenti, mi sono chiesto quali film avrei scelto. È fin troppo evidente che dieci film non possono riassumere la concezione che una singola persona ha del cinema, figuriamoci il cinema in sé. Così ho pensato di adottare un criterio particolare nella selezione di ciascun film. Non posso affermare con certezza che questi film siano i “migliori in assoluto”, né che siano le pietre miliari più importanti nella storia della settima arte. Semplicemente, credo che questa lista si possa vedere come un biglietto da visita, un riassunto, per quanto parziale ed incompleto,della mia passione per il cinema. Non si tratta di una classifica, l’unico ordine seguito è quello cronologico. Ciascun film è accompagnato dalla posizione che occupa nella classifica ufficiale.

La Corazzata Potemkin scenaLa corazzata Potëmkin (Sergej M. Ejzenstejn, 1925)

C’è un motivo se il nome di questo blog è L’occhio della madre. A qualcuno il racconto dell’ammutinamento del 1905 e della conseguente rivolta di Odessa potrà anche sembrare un pezzo da museo o una semplice opera in cinque atti, ma la sua potenza rivoluzionaria, sia politica che artistica, è ancora intatta. Il “cine-pugno” è l’espressione del cinema in quanto strumento dialettico in grado di cogliere la realtà non solo nell’atto presente ma anche nei suoi possibili sviluppi futuri. Il montaggio analitico – non “analoggico” – dà vita ad un potente contrasto di immagini e ad un ritmo serrato non fini a sé stessi, ma capaci di esprimere con estrema chiarezza gli ideali alla base della Rivoluzione d’Ottobre. Per non parlare della sanguinosa repressione sulla scalinata di Odessa, sicuramente la più grande sequenza della storia del cinema.

Posizione in classifica: # 11

Aurora scenaAurora (Friedrich W. Murnau, 1927)

Uno dei primi film muti che abbia visto e, ancora oggi, uno dei più completi. Murnau distilla tutte le sue conoscenze registiche in una storia d’amore ambientata “dovunque e in nessun luogo”, in cui i personaggi senza nome diventano veri e propri archetipi e la narrazione richiede pochissime didascalie in quanto sono le immagini a raccontare l’intera storia. Dopo oltre ottant’anni, le avventure dell’Uomo sedotto dalla perfida Donna di Città e infine perdonato dalla Moglie conservano un fascino romantico che va ben oltre il mero sentimentalismo. Toccante e divertente, ma in certi punti anche angosciante e oscuro: una summa delle emozioni umane più profonde.

Posizione in classifica: # 5

La Regola Del Gioco scenaLa regola del gioco (Jean Renoir, 1939)

Realizzato pochi mesi prima dello scoppio della Seconda Guerra Mondiale, La regola del gioco è l’ideale continuazione e il superamento de La grande illusione, realizzato due anni prima. La decadenza della borghesia francese sembra narrata nei toni di un divertissement, ma si capisce subito che le sofisticherie e gli sfarzosi ricevimenti servono a coprire un abisso che riesce comunque a palesarsi nelle splendide sequenze, quasi premonitrici, della caccia (un’ecatombe completamente gratuita di selvaggina) e della danse macabre degli scheletri. Sorprendente anche l’aspetto tecnico, tra una fotografia dai forti contrasti e l’ uso sapiente della profondità di campo. E, come sempre accade quando si parla di Renoir, la caratterizzazione dei personaggi è di una ricchezza unica.

Posizione in classifica: # 4

Michurin scenaMichurin (Aleksandr Dovženko, 1949)

Generalmente di Dovženko si ricorda la trilogia ucraina (Arsenale, La terra, Zvenigora), ma questo è il suo film che più di tutti mi ha colpito. Da un lato, perché è una delle vette del realismo socialista, una corrente generalmente denigrata come una sorta di mecenatismo grigio e poco inventivo – ma questo film dimostra esattamente il contrario, grazie alla splendida partitura di Šostakovič e all’uso quasi pittorico del colore che conferisce ai paesaggi naturali una potenza lirica ed epica, un tratto tipico, quest’ultimo, dello stile del regista. Dall’altro, perché la storia di Ivan Mičurin, agronomo e sostenitore della Rivoluzione d’Ottobre, mette in luce il ruolo rivoluzionario dello scienziato, che non può dormire sugli allori ma deve invece partecipare attivamente alla costruzione di una società migliore.

Posizione in classifica: Assente

Cantando Sotto La Pioggia scenaCantando sotto la pioggia (Stanley Donen e Gene Kelly,1952)

Sarebbe facile limitarsi a dire “il più grande musical di sempre”, ma non sarebbe abbastanza. Le parti non cantate, infatti, non hanno nulla da invidiare agli splendidi numeri musicali, che sono tuttora esempi di grande abilità attoriale e coreografica: guardate solo lo scatenato Donald O’Connor in Make ‘em Laugh, oppure pensate a quanti pochi stacchi ci sono in una sequenza complessa come quella di Good Morning. Il Technicolor saturo e brillante crea l’atmosfera adatta per questo film vivace, divertente e movimentato dall’inizio alla fine. E Gene Kelly che canta Singin’ in the Rain è giustamente un’icona del cinema. Non sarebbe male ricordare che un tempo Hollywood era capace di creare film come questo.

Posizione in classifica: #20

La Finestra Sul Cortile scenaLa finestra sul cortile (Alfred Hitchcock, 1954)

Questa volta Quarto potere si è dovuto accontentare dell’argento, perché il primo posto è andato al tormentato, glaciale, ipnotico La donna che visse due volte. Io, però, non posso fare a meno di preferire La finestra di fronte, soprattutto perché l’ho sempre trovato uno dei film più coinvolgenti di sempre. Il fotoreporter L.B. Jeffries (James Stewart in una delle sue prove migliori) che, costretto in casa da una gamba ingessata, cerca di fermare un assassino che ha scoperto spiando gli appartamenti di fronte, è la proiezione di noi spettatori nel film e l’incarnazione del nostro desiderio di osservare e di scoprire la verità celata dietro un mistero apparentemente impossibile da risolvere. Inoltre, è il film di Hitchcock nel quale si ha la commistione più armoniosa fra giallo e commedia, ingegno e sentimento: ne sono complici la bellissima Grace Kelly e la sagace Thelma Ritter.

Posizione in classifica: # 53

Il Trono Di Sangue scenaIl trono di sangue (Akira Kurosawa, 1957)

Lo considero un inno al cinema in quanto settima arte, ovvero in grado di assimilare il meglio delle arti che lo precedono e sintetizzare qualcosa di nuovo, di più completo. Kurosawa traspone il Macbeth nel Giappone feudale del XVI secolo e lo reinterpreta secondo gli stilemi del teatro Nô, ma la grandezza della tragedia shakespeariana si avverte in ogni fotogramma. Le ambientazioni esterne, tumultuose e convulse, si contrappongono agli interni minimalisti, dove il lavoro poggia tutto sulle spalle degli attori. La tragica ambizione del protagonista Washizu, interpretato con convinzione quasi allucinata da Mifune, ben si accompagna alla serena e gelida perfidia della spettrale moglie Asaji. Forse meno raffinato del più sfarzoso Ran, ma altrettanto titanico.

Posizione in classifica: # 235

2001 Odissea Nello Spazio scena2001 Odissea nello spazio (Stanley Kubrick, 1968)

Probabilmente è il film più  difficile da vedere della lista, ma questo non toglie che si tratti di un’esperienza visiva difficilmente eguagliabile, oltre che della vetta del cinema di fantascienza. L’opera di Kubrick più ambiziosa sfrutta al massimo le possibilità offerte dalla pellicola, risvegliando la nostra atavica suggestione per lo spazio profondo e i suoi misteri. Lo stacco fra l’osso lanciato in aria e la nave spaziale non è un semplice esercizio di stile, ma una celebrazione dell’incessante evoluzione naturale e storica, catalizzata dalla nostra attrazione per l’ignoto. Attrazione che però, come ci ricordano le scene con il computer di bordo HAL 9000, è sempre accompagnata dalla paura: un timore arcaico e siderale.

Posizione in classifica: #6

Bianca scenaBianca (Nanni Moretti, 1984)

Per ricordare che il grande cinema italiano non si è fermato al neorealismo, e che la commedia italiana non è fatta solo di vacue storielle romantiche, incapacità sociologica e volgarità assortite. Il film più morettiano di Moretti, un catalogo di nevrosi, ossessioni, assurdità, non tanto fatalista quanto disilluso e, sotto l’atmosfera rarefatta, profondamente critico. La Sachertorte, il “continuiamo così, facciamoci del male”, il barattolo gigante di Nutella e l’acutissimo “Bastoni!” sono scene entrate giustamente nell’immaginario collettivo, anche se purtroppo raramente accompagnate dalla satira e dal sarcasmo che ne sono alla base. Memorabile la confessione finale, che riesce ad unire Dostojevskij e Insieme a te non ci sto più. Sul serio.

Posizione in classifica: Assente

Lost In Translation scenaLost in Translation (Sofia Coppola, 2003)

Ho voluto riservare un posto ad un film del nuovo millennio che avesse superato bene le prime prove del tempo. Dopo aver indugiato su un paio di altre pellicole, ho scelto questa commedia sui generis, riflessiva, quel genere di film che conquistano alla prima visione o mai più. Sono rimasto affascinato dall’alchimia che s’instaura senza fatica fra i due protagonisti, ovvero un malinconico Bill Murray e un’inquieta Scarlett Johansson. Sullo sfondo di una città asettica e straniante, quasi futuristica nei suoi deliri al neon, i due instaurano un rapporto discreto ed enigmatico, platonico ma con chiari elementi edipici, che si corona nelle parole sussurrate nel finale, destinate a restare un mistero per il resto del mondo, inclusi gli spettatori e la stessa regista.

Posizione in classifica: Assente

Fantastico, ho appena finito di compilare la lista e già mi sento in colpa per tutti i film che ho dovuto escludere: nella lista non c’è neanche un film di Keaton o di Bergman, non c’è La CommuneIo e Annie, e neanche Velluto blu o una delle otto opere rivoluzionarie. Se fra dieci anni sarò contattato anch’io (come no, crediamoci), farò le stesse scelte? Probabilmente no, anzi cadrò in preda al panico perché sarò costretto a sceglierne dieci da un numero ancor più grande di candidati. Nell’attesa, vi dedico l’apocalittico finale di uno dei grandi esclusi di questa lista.