Al cinema con Stalin

L’articolo originale, intitolato Stalin, lezione di regia all’allievo Eisenstein, si può trovare qui. Non vi è modo di dimostrare la veridicità di questo verbale, tuttavia è interessante notare come anche un giornale borghese quale Repubblica offra l’immagine di Stalin profondamente interessato all’arte e al cinema. Probabilmente l’intento del giornale era di fomentare l’immagine del “tiranno nemico della libbbertà a stelle e strisce”, ma per fortuna il risultato è diverso e decisamente più interessante.

MOSCA – Sono le 11 di sera del 25 febbraio 1947 quando il compagno Poskriobvchev apre la porta della grande sala del Cremlino e fa entrare Sergej Eisenstein e Nikolaj Cerkassov. Giù in fondo, aspettano Stalin, Molotov e Zdanov. Il regista e l’attore si siedono al tavolo del dittatore e subito incomincia il processo a Ivan il Terribile, seconda parte.
Stalin: Voi avete scritto una lettera e la risposta ha un po’ tardato. Subito volevo rispondervi per scritto, poi ho deciso che era meglio parlarci. Ma sono molto occupato, mi manca il tempo e per questo siamo in ritardo. Io ho ricevuto la vostra lettera a novembre…
Zdanov: Sì, l’avete ricevuta a Soci.
Stalin: Avete studiato la storia?
Eisenstein: Più o meno.
Stalin: Più o meno? Anch’io conosco un pochino la storia. Voi avete mostrato l’opritchina (la guardia del corpo di Ivan, ndr) in modo scorretto. L’opritchina è l’armata del re, un esercito regolare, progressista. Nel vostro film, appare invece come una specie di Ku Klux Klan.
Eisenstein: Quelli sono coperti da cappucci bianchi, mentre nel nostro film i cappucci sono neri.
Zdanov: Questa differenza non è fondamentale.
Stalin: Il vostro Zar è indeciso, sembra Amleto. Tutti gli suggeriscono quel che deve fare e lui non prende nessuna decisione. Lo Zar Ivan era un grande sovrano pieno di saggezza, e se lo paragoniamo a Luigi XI lo sorpassa di dieci teste. La saggezza di Ivan consisteva nel fatto che sapeva mantenere un punto di vista nazionale e non lasciava entrare gli stranieri nel suo Paese, proteggendolo contro la penetrazione di influenze estranee. Nella vostra presentazione di Ivan Grozny sono stati commessi errori e deviazioni, in questo senso. Pietro I è un altro grande sovrano, ma il suo atteggiamento verso gli stranieri è troppo liberale, lui ha aperto troppo la porta e ha permesso la germanizzazione della Russia. Caterina l’ha permesso ancor di più. E dopo, forse che la corte di Alessandro I era una corte russa? E quella di Nicola I? No. Erano corti tedesche. E poi ecco un altro provvedimento notevole di Ivan il Terribile: è stato il primo a introdurre il monopolio del commercio estero. Lui il primo e Lenin il secondo.
Zdanov: Ivan il Terribile dipinto da Eisenstein è un nevrastenico.
Molotov: In generale, l’accento è messo sulla psicologia, su una presentazione eccessiva delle contraddizioni psicologiche interiori e delle emozioni personali.
Stalin: Bisogna mostrare le figure storiche correttamente per quanto riguarda lo stile. Così per esempio nel primo episodio non è corretto che Ivan il Terribile si stringa così a lungo con sua moglie. A quell’epoca, non si faceva.
Zdanov: Questo film presenta una deviazione bizantina. Ma anche là, a Bisanzio, questa pratica non era così corrente.
Molotov: Il secondo episodio è troppo chiuso nelle cantine, nei sotterranei. Non si sente alcun rumore di Mosca, e il popolo non si vede. Si possono certo mostrare complotti e repressioni, ma non solo quelle.
Stalin: Ivan il Terribile era estremamente crudele. Si può far vedere che era crudele. Ma bisogna far vedere perché doveva essere crudele. Uno degli errori di Ivan il Terribile sta nel fatto che non ha sterminato fino alla fine cinque grandi famiglie feudali. Se lo avesse fatto, non ci sarebbe stata l’Epoca dei Torbidi. Ma lui ammazzava qualcuno e poi pregava e si pentiva a lungo. Dio era per lui un impaccio in quest’opera. Bisognava essere ancor più risoluti.
Cerkassov: Posso fumare?
Stalin: Mi sembra che nessuno abbia proibito di fumare. Ma forse bisogna votare?
Molotov: Gli avvenimenti storici devono essere mostrati sotto una luce corretta. Per esempio, prendiamo il caso della pièce I Prodi: l’autore si burla del battesimo della Russia, che invece era stato un fenomeno progressista per quell’epoca. Stalin: Naturalmente noi non siamo dei gran buoni cristiani. Ma non bisogna rinnegare il ruolo progressista del cristianesimo in una certa fase. Questo avvenimento ebbe una grande portata, perché fu la svolta dello Stato russo verso un’unione con l’Occidente. (…)
Zdanov: Comunque nel vostro film si abusa troppo di riti religiosi.
Molotov: Questo dà una tinta mistica che non bisogna sottolineare troppo.
Cerkassov: Noi siamo convinti che faremo un buon film. Io lavoro al personaggio di Ivan il Terribile non soltanto al cinema ma anche al teatro da molto tempo. Amo questo personaggio e penso che il nostro rifacimento della sceneggiatura può rivelarsi corretto e veritiero.
Stalin: Bene, proviamo.
Cerkassov: Io sono convinto che il rifacimento riuscirà.
Stalin: Dio faccia sì che ogni giorno sia un anno nuovo…
Eisenstein: Ci saranno delle istruzioni particolari riguardo al film?
Stalin: Io non vi do istruzioni, io espongo le osservazioni dello spettatore. Ad esempio quegli opritchini che ballano sembrano dei cannibali e ricordano i fenici o i babilonesi… Bene, la questione è chiarita. Bisogna dare ai compagni Cerkassov e Eisenstein la possibilità di perfezionare l’idea e il film. Quanto all’interpretazione di Ivan il Terribile, il suo aspetto fisico è corretto, non c’è niente da cambiare. L’aspetto esteriore di Ivan è buono.
Cerkassov: Si può lasciare nel film la scena dell’assassinio di Staritski?
Stalin: La si può lasciare: ci sono pur stati degli assassinii.
Cerkassov: Nella nostra sceneggiatura c’è una scena in cui Maluta Skuratov strangola il metropolita Filippo: bisogna conservare questa scena?
Stalin: Bisogna conservarla. Ciò sarà storicamente corretto.
Molotov: In generale si possono e si devono mostrare le repressioni, ma bisogna anche mostrare a nome di chi sono state fatte, perché erano necessarie. Per questo bisogna far vedere l’attività di Stato, senza limitarsi a scene nelle cantine, ma mostrando la saggia condotta degli affari di Stato. (…)
Cerkassov: Bisognerà presentare la bozza della nuova sceneggiatura per l’approvazione al Politbjuro?
Stalin: È‎ inutile, sbrogliatevela voi. In genere, è difficile giudicare da una sceneggiatura, è più facile esprimersi su un’ opera finita. Voi desiderate leggere questa sceneggiatura?
Molotov: No, veramente io faccio un altro mestiere.
Eisenstein: Sarebbe bene che nessuno spingesse per accelerare la messa in scena del film.
Stalin: Non fatevi fretta in nessun caso. Noi in genere proibiamo l’uscita di film fatti di corsa. Se occorre un anno e mezzo per la realizzazione del film, o due anni, o anche tre, bisogna impiegare il tempo necessario perché venga bene e sia scultoreo. Ancora una cosa. La Zelikovskaja va meglio per altri ruoli. Lei recita bene, ma è una ballerina.
Eisenstein: Ma è impossibile convocare un’ altra attrice da Mosca ad Alma Ata.
Stalin: Un regista deve essere inflessibile ed esigere tutto ciò di cui ha bisogno. I nostri cineasti cedono troppo facilmente.
Eisenstein: Ho dovuto faticare due anni per trovare un’ interprete per il ruolo di Anastassia.
Stalin: L’attore Jarov non ha interpretato correttamente il suo ruolo nell’Ivan. Non è un capo militare serio.
Zdanov: Non è Maluta Skuratov, ma un pagliaccio. E voi, Eisenstein, vi appassionate troppo per delle ombre, distraete il pubblico dall’azione del film con la barba dello Zar. Ivan il Terribile solleva troppe volte la testa perché si veda meglio la sua barba.
Eisenstein: Accorcerò la barba allo Zar.
Stalin: Che Dio vi aiuti.

Se per caso cadesse il mondo… io rispondo a Sight & Sound

Dunque, a quanto pare oggi (o domani, o ieri, o quando accidenti dovrebbe essere) ci sarà la fine del mondo. O, meglio, il calendario maya si ritroverà a corto di donnine nude. Se ci aggiungete che il 2012 è stato terribilmente sconfortante sotto vari punti di vista, non ultimo quello letterario con l’uscita dell’ennesimo libro di Forattini e della trilogia di Cinquanta sfumature, chi potrebbe mai essere felice in questo momento?

Lana Del Rey meme

D’accordo, qualcuno ci riesce. Comunque, nell’eventualità che Mulder e Scully non fossero in grado di salvarci da qualunque cosa ci riservi questo infausto giorno, ho deciso di compiere un’azione che caratterizza un critico vero e proprio: contribuire alla Top 10 di Sight & Sound. Ovvero, compilare una lista assolutamente non esaustiva di dieci film per riassumere la propria visione del cinema e concedere uno spazio pubblico alla propria vanità intellettuale.

Per chi non lo sapesse, Sight & Sound è una rivista cinematografica pubblicata dal British Film Institute. Sin dal 1952, ogni dieci anni chiede a migliaia di critici e registi di fornire ciascuno un elenco di dieci film per creare una classifica dei “migliori” film di sempre. Ciò di cui tutti sono consapevoli è che questa lista è tutto fuorché ufficiale: le motivazioni dietro le diverse scelte cambiano da lista a lista (a volte anche da film a film all’interno della medesima lista), solo pochi film sono ormai tutelati dalla legge dei grandi numeri e molti contributori puntano più a promuovere la visione dei film che propongono invece di impelagarsi in dissertazioni accademiche sul perché scegliere Rapacità e non La grande illusione.

All’inizio di agosto è stata finalmente pubblicata la classifica stilata dai critici.

Dopo aver scorso l’elenco dei film presenti, mi sono chiesto quali film avrei scelto. È fin troppo evidente che dieci film non possono riassumere la concezione che una singola persona ha del cinema, figuriamoci il cinema in sé. Così ho pensato di adottare un criterio particolare nella selezione di ciascun film. Non posso affermare con certezza che questi film siano i “migliori in assoluto”, né che siano le pietre miliari più importanti nella storia della settima arte. Semplicemente, credo che questa lista si possa vedere come un biglietto da visita, un riassunto, per quanto parziale ed incompleto,della mia passione per il cinema. Non si tratta di una classifica, l’unico ordine seguito è quello cronologico. Ciascun film è accompagnato dalla posizione che occupa nella classifica ufficiale.

La Corazzata Potemkin scenaLa corazzata Potëmkin (Sergej M. Ejzenstejn, 1925)

C’è un motivo se il nome di questo blog è L’occhio della madre. A qualcuno il racconto dell’ammutinamento del 1905 e della conseguente rivolta di Odessa potrà anche sembrare un pezzo da museo o una semplice opera in cinque atti, ma la sua potenza rivoluzionaria, sia politica che artistica, è ancora intatta. Il “cine-pugno” è l’espressione del cinema in quanto strumento dialettico in grado di cogliere la realtà non solo nell’atto presente ma anche nei suoi possibili sviluppi futuri. Il montaggio analitico – non “analoggico” – dà vita ad un potente contrasto di immagini e ad un ritmo serrato non fini a sé stessi, ma capaci di esprimere con estrema chiarezza gli ideali alla base della Rivoluzione d’Ottobre. Per non parlare della sanguinosa repressione sulla scalinata di Odessa, sicuramente la più grande sequenza della storia del cinema.

Posizione in classifica: # 11

Aurora scenaAurora (Friedrich W. Murnau, 1927)

Uno dei primi film muti che abbia visto e, ancora oggi, uno dei più completi. Murnau distilla tutte le sue conoscenze registiche in una storia d’amore ambientata “dovunque e in nessun luogo”, in cui i personaggi senza nome diventano veri e propri archetipi e la narrazione richiede pochissime didascalie in quanto sono le immagini a raccontare l’intera storia. Dopo oltre ottant’anni, le avventure dell’Uomo sedotto dalla perfida Donna di Città e infine perdonato dalla Moglie conservano un fascino romantico che va ben oltre il mero sentimentalismo. Toccante e divertente, ma in certi punti anche angosciante e oscuro: una summa delle emozioni umane più profonde.

Posizione in classifica: # 5

La Regola Del Gioco scenaLa regola del gioco (Jean Renoir, 1939)

Realizzato pochi mesi prima dello scoppio della Seconda Guerra Mondiale, La regola del gioco è l’ideale continuazione e il superamento de La grande illusione, realizzato due anni prima. La decadenza della borghesia francese sembra narrata nei toni di un divertissement, ma si capisce subito che le sofisticherie e gli sfarzosi ricevimenti servono a coprire un abisso che riesce comunque a palesarsi nelle splendide sequenze, quasi premonitrici, della caccia (un’ecatombe completamente gratuita di selvaggina) e della danse macabre degli scheletri. Sorprendente anche l’aspetto tecnico, tra una fotografia dai forti contrasti e l’ uso sapiente della profondità di campo. E, come sempre accade quando si parla di Renoir, la caratterizzazione dei personaggi è di una ricchezza unica.

Posizione in classifica: # 4

Michurin scenaMichurin (Aleksandr Dovženko, 1949)

Generalmente di Dovženko si ricorda la trilogia ucraina (Arsenale, La terra, Zvenigora), ma questo è il suo film che più di tutti mi ha colpito. Da un lato, perché è una delle vette del realismo socialista, una corrente generalmente denigrata come una sorta di mecenatismo grigio e poco inventivo – ma questo film dimostra esattamente il contrario, grazie alla splendida partitura di Šostakovič e all’uso quasi pittorico del colore che conferisce ai paesaggi naturali una potenza lirica ed epica, un tratto tipico, quest’ultimo, dello stile del regista. Dall’altro, perché la storia di Ivan Mičurin, agronomo e sostenitore della Rivoluzione d’Ottobre, mette in luce il ruolo rivoluzionario dello scienziato, che non può dormire sugli allori ma deve invece partecipare attivamente alla costruzione di una società migliore.

Posizione in classifica: Assente

Cantando Sotto La Pioggia scenaCantando sotto la pioggia (Stanley Donen e Gene Kelly,1952)

Sarebbe facile limitarsi a dire “il più grande musical di sempre”, ma non sarebbe abbastanza. Le parti non cantate, infatti, non hanno nulla da invidiare agli splendidi numeri musicali, che sono tuttora esempi di grande abilità attoriale e coreografica: guardate solo lo scatenato Donald O’Connor in Make ‘em Laugh, oppure pensate a quanti pochi stacchi ci sono in una sequenza complessa come quella di Good Morning. Il Technicolor saturo e brillante crea l’atmosfera adatta per questo film vivace, divertente e movimentato dall’inizio alla fine. E Gene Kelly che canta Singin’ in the Rain è giustamente un’icona del cinema. Non sarebbe male ricordare che un tempo Hollywood era capace di creare film come questo.

Posizione in classifica: #20

La Finestra Sul Cortile scenaLa finestra sul cortile (Alfred Hitchcock, 1954)

Questa volta Quarto potere si è dovuto accontentare dell’argento, perché il primo posto è andato al tormentato, glaciale, ipnotico La donna che visse due volte. Io, però, non posso fare a meno di preferire La finestra di fronte, soprattutto perché l’ho sempre trovato uno dei film più coinvolgenti di sempre. Il fotoreporter L.B. Jeffries (James Stewart in una delle sue prove migliori) che, costretto in casa da una gamba ingessata, cerca di fermare un assassino che ha scoperto spiando gli appartamenti di fronte, è la proiezione di noi spettatori nel film e l’incarnazione del nostro desiderio di osservare e di scoprire la verità celata dietro un mistero apparentemente impossibile da risolvere. Inoltre, è il film di Hitchcock nel quale si ha la commistione più armoniosa fra giallo e commedia, ingegno e sentimento: ne sono complici la bellissima Grace Kelly e la sagace Thelma Ritter.

Posizione in classifica: # 53

Il Trono Di Sangue scenaIl trono di sangue (Akira Kurosawa, 1957)

Lo considero un inno al cinema in quanto settima arte, ovvero in grado di assimilare il meglio delle arti che lo precedono e sintetizzare qualcosa di nuovo, di più completo. Kurosawa traspone il Macbeth nel Giappone feudale del XVI secolo e lo reinterpreta secondo gli stilemi del teatro Nô, ma la grandezza della tragedia shakespeariana si avverte in ogni fotogramma. Le ambientazioni esterne, tumultuose e convulse, si contrappongono agli interni minimalisti, dove il lavoro poggia tutto sulle spalle degli attori. La tragica ambizione del protagonista Washizu, interpretato con convinzione quasi allucinata da Mifune, ben si accompagna alla serena e gelida perfidia della spettrale moglie Asaji. Forse meno raffinato del più sfarzoso Ran, ma altrettanto titanico.

Posizione in classifica: # 235

2001 Odissea Nello Spazio scena2001 Odissea nello spazio (Stanley Kubrick, 1968)

Probabilmente è il film più  difficile da vedere della lista, ma questo non toglie che si tratti di un’esperienza visiva difficilmente eguagliabile, oltre che della vetta del cinema di fantascienza. L’opera di Kubrick più ambiziosa sfrutta al massimo le possibilità offerte dalla pellicola, risvegliando la nostra atavica suggestione per lo spazio profondo e i suoi misteri. Lo stacco fra l’osso lanciato in aria e la nave spaziale non è un semplice esercizio di stile, ma una celebrazione dell’incessante evoluzione naturale e storica, catalizzata dalla nostra attrazione per l’ignoto. Attrazione che però, come ci ricordano le scene con il computer di bordo HAL 9000, è sempre accompagnata dalla paura: un timore arcaico e siderale.

Posizione in classifica: #6

Bianca scenaBianca (Nanni Moretti, 1984)

Per ricordare che il grande cinema italiano non si è fermato al neorealismo, e che la commedia italiana non è fatta solo di vacue storielle romantiche, incapacità sociologica e volgarità assortite. Il film più morettiano di Moretti, un catalogo di nevrosi, ossessioni, assurdità, non tanto fatalista quanto disilluso e, sotto l’atmosfera rarefatta, profondamente critico. La Sachertorte, il “continuiamo così, facciamoci del male”, il barattolo gigante di Nutella e l’acutissimo “Bastoni!” sono scene entrate giustamente nell’immaginario collettivo, anche se purtroppo raramente accompagnate dalla satira e dal sarcasmo che ne sono alla base. Memorabile la confessione finale, che riesce ad unire Dostojevskij e Insieme a te non ci sto più. Sul serio.

Posizione in classifica: Assente

Lost In Translation scenaLost in Translation (Sofia Coppola, 2003)

Ho voluto riservare un posto ad un film del nuovo millennio che avesse superato bene le prime prove del tempo. Dopo aver indugiato su un paio di altre pellicole, ho scelto questa commedia sui generis, riflessiva, quel genere di film che conquistano alla prima visione o mai più. Sono rimasto affascinato dall’alchimia che s’instaura senza fatica fra i due protagonisti, ovvero un malinconico Bill Murray e un’inquieta Scarlett Johansson. Sullo sfondo di una città asettica e straniante, quasi futuristica nei suoi deliri al neon, i due instaurano un rapporto discreto ed enigmatico, platonico ma con chiari elementi edipici, che si corona nelle parole sussurrate nel finale, destinate a restare un mistero per il resto del mondo, inclusi gli spettatori e la stessa regista.

Posizione in classifica: Assente

Fantastico, ho appena finito di compilare la lista e già mi sento in colpa per tutti i film che ho dovuto escludere: nella lista non c’è neanche un film di Keaton o di Bergman, non c’è La CommuneIo e Annie, e neanche Velluto blu o una delle otto opere rivoluzionarie. Se fra dieci anni sarò contattato anch’io (come no, crediamoci), farò le stesse scelte? Probabilmente no, anzi cadrò in preda al panico perché sarò costretto a sceglierne dieci da un numero ancor più grande di candidati. Nell’attesa, vi dedico l’apocalittico finale di uno dei grandi esclusi di questa lista.